Borchi racconta una sua giornata da Sindaco

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Il sindaco Borchi di Vaglia racconta un accaduto durante una sua giornata di lavoro qualunque:

<< Il pomeriggio post prandiale si snocciola garbatamente, secondo il consueto tran tran: smaltimento delle innumerevoli mail; studio, archivio di documenti, note, convocazioni per assemblee…Sono davanti al computer. Alle mie spalle una voce amica, di collaboratrice, dalla porta annuncia: “Leonardo…c’è un signore che ti cerca”

“Un signore?! Coi soldi, quindi!”. Io, un tantino sullo scherzoso e l’ironico. Magari pensando ad un amico che viene in visita.

Mi volto rimanendo sulla sedia girevole e …mi si para davanti , in piedi, in angolo alla scrivania, un uomo, piuttosto giovane, tozzo, direi più largo che tondo, mal vestito, con la mascherina chirurgica che mi nasconde gran parte del volto; con gli avambracci nudi, di cui uno bendato in modo appariscente. No, non è un mio amico. Ma nemmeno un conoscente.

“Lei è il sindaco?”. Mi dice con la voce piuttosto impastata, guardandomi in modo molto diretto.

“Pare, anche se non sembra. E lei chi è?”

“M’ha mandato il don..don Do..”. 

“Il parroco, don Donato! Prego si accomodi. E cosa posso fare per lei?”

“Sono uscito ora da Sollicciano…Cinque… cinque anni ci sono stato”. Dice accompagnando le parole roteando le cinque dita di una mano.

“Ah! E cosa aveva fatto per andare in carcere?”

Domanda di cui mi pento di aver fatto ancor prima di finire la frase.

Tentenna la testa. Non è il caso di dire.

“Va ben… non è importante. Come è finito a Vaglia?”

“Mi hanno buttato giù dal treno. Devo andare a Bolzano”

“Ah! L’hanno fatta scendere perché non aveva pagato il biglietto?”. Assente. “E perché deve andare a Bolzano?”

“Ci ho la moglie. Ma non ho i soldi per il biglietto del treno”.

“Voleva andare a Bolzano passando da Faenza, Bologna…Ma quando è uscito da Sollicciano le avranno dato dei soldi? Avrà avuto un suo deposito!?”

“No, ho dieci euro che mi sono serviti per mangiare”

“Così vuole i soldi del treno da me?”

“Sì, l’ho chiesti al..al don… e lui mi ha detto di andare dal sindaco”

“Ah ganzo! ora ci faccio io i conti con don Donato! (vai a sapere se quel che racconta è vero). 

“Ma come si chiama? E’ italiano? Dove è nato?”

Con un tono ed un timbro di voce sempre più impastato: “Sì, sono italiano. Sono di Massa. Massa Carrara. Ma sono stato quasi sempre a Borrrgg…”

“A? Non la capisco. Non parla bene l’italiano”

Allora, un po’ infastidito, quasi irritato, puntandosi con l’indice la mascherina: “M’hanno…la lingua…”

“Ah! Ha problemi alla lingua”

“Allora vuole soldi da me?”

“Sì. Per il biglietto mi ci vuole 25 euro”(non piglio mai un treno, ma mi sembrano un po’ pochini per arrivare da qui a Bolzano).

Bene, ma il Comune non è un bancomat. Non ha a disposizione una cassetta di soldi…Se le do dei soldi quelli sono  miei…”

Sguardo diretto, testa leggermente inclinata in avanti verso gli avanbracci allungati sul piano della vecchia scrivania di noce, reperto archeologico proveniente dall’Ex ospedale Luzzi. Come a dire:

“Basta tu me li allunghi!”

Rimanendo seduto sulla sedia,  sempre mantenendomi nella posizione con cui abbiamo iniziato il nostro colloquio, mi sfilo il portafoglio, razzolo fra le banconote…e gliele porgo. Per la combinazione di tagli a disposizione, c’entra anche una colazione.

“Buon viaggio!”

Prende i soldi con una certa fretta. Se ne va lasciandosi dietro un profumo non proprio di violette. Non so nemmeno se ha ringraziato.

Ed io non so se ho voluto aiutare un poveraccio o se mi sono voluto levare di torno un incomodo.

Anche questa è vita da sindaco. Anche questa è umanità che vive tra noi.

Augh.

Leonardo

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