
Mugellani nel mondo – Dal Galletto alla direzione del TG canadese
Intervista a Leonardo Molinelli nella foto il primo sinistra. Dal Galletto alla direzione del TG canadese.
Leonardo Molinelli è un giornalista mugellano, il nonno rontese fu tra l’altro un apprezzato pittore, trapiantato in Canada, dove dirige l’unico telegiornale nazionale canadese in lingua italiana.
1) Dopo un’esperienza maturata nel giornalismo mugellano e fiorentino, anche radiofonico, sei approdato al quotidiano Corriere Canadese e infine alla giornalismo televisivo, sempre in Canada. Qual è stata la tua formazione e di cosa ti occupi attualmente nello specifico?
Sono un giornalista professionista iscritto all’Ordine e ho una laurea in Media e Giornalismo conseguita all’Università di Firenze con una tesi su Mino Pecorelli, ma la mia formazione “sul campo” è stata proprio quella fatta tra Galletto, Radio Mugello e Corriere di Firenze, scrivendo di calcio locale. Nel 2009 ho deciso di fare un’esperienza in Canada e ho trovato, per caso, il Corriere Canadese dove ho fatto 4 mesi e mezzo di internship, imparando a lavorare in una redazione e come funziona la “macchina” del giornale. Dopo qualche mese in Italia, poi, nel 2010 sono tornato a Toronto per coprire i Mondiali in Sudafrica e sono stato assunto diventando il responsabile per le notizie dall’Italia e dall’estero, per poi allargare col tempo il mio raggio d’azione allo sport e alla politica canadese. Nel mio periodo al Corriere abbiamo avuto anche l’onore di ricevere un riconoscimento direttamente dal presidente della Repubblica Mattarella durante la sua visita a Toronto. Dal 2017 ho lasciato la carta stampata e sono passato a OMNI, il canale televisivo “etnico” canadese che trasmette programmi da tutto il mondo e ha redazioni giornalistiche in italiano, portoghese, punjabi, arabo, filippino, cantonese e mandarino. Qui ricopro il ruolo di producer dell’unico tg nazionale in lingua italiana in Canada, ovvero dirigo il telegiornale, scegliendo le notizie da seguire e assegnando i servizi ai reporter.
2) Ti identifichi nella definizione di “cervello in fuga”? Consiglieresti questo percorso ad altri?
Direi di no. Ho avuto la fortuna e la voglia di provare un’esperienza all’estero che ha cambiato la mia vita e mi ha permesso di fare il lavoro che sognavo e che, onestamente, in Italia non avrei mai potuto fare. Consiglierei a tutti un’esperienza all’estero, perché credo aiuti ad aprire la mente e a conoscere e capire punti di vista diversi. Specialmente in un Paese come il Canada, che fa del multiculturalismo e dell’integrazione un fattore fondante della società, e dove ci sono ancora opportunità professionali e la possibilità di farsi una vita.
3) Per la tua esperienza, essere un giornalista in Canada e in Italia è “la stessa cosa”?
Per la mia esperienza no, per una serie di motivi. Prima di tutto da un punto di vista economico, perché gli stipendi italiani non mi avrebbero mai permesso di sopravvivere. Dal punto di vista professionale invece il Canada garantisce forse una maggiore ricerca dell’obiettività e dell’imparzialità nel riportare le notizia, ma qui si è molto più legati alle fonti ufficiali. Tanto per intenderci il ruolo fondamentale avuto dalla stampa italiana nello scoprire le verità nascoste dietro le stragi neofasciste degli anni di Piombo o il giornalismo investigativo alla Report, solo per fare due esempi, in Canada sono un’utopia.
4) Considereresti di tornare in Italia, almeno da un punto di vista professionale e di opportunità lavorative?
Ci sono senza dubbio tante cose che mi piacerebbe poter fare in Italia, ma temo farei molta fatica a riabituarmi al contesto.
Margherita di Pisa


