Novembre – Il Covid non ferma l’olio e le ricorrenze

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1. Fino a pochi anni fa  si celebrava il 4 novembre, non solo la Festa delle Forze Armate, che ricordava la vittoria dell’Italia sull’Austria,  e la fine della guerra del 15-18 con raduni di Combattenti e Reduci  ormai solo della seconda guerra mondiale e di  ex alpini in congedo almeno in Mugello, zona di reclutamento di fanti, contadini adatti a scavar trincee in quanto avevano nei patti colonici l’obbligo di far le fosse per le viti circa cento metri l’anno e piantare oppi o chioppi, (aceri campestri),maglioli o fare propaggini per accrescere il numero delle viti, e muri a retta con i sassi derivanti dallo scavo o dalle macie dei campi, sgombrati per seminarvi il grano, ma anche la ricorrenza della tragica alluvione del 4 novembre 1966,che causò serissimi danni al patrimonio culturale e artistico della città di Firenze ed al suo tessuto produttivo che era costituito  in prevalenza dalle botteghe artigiane, rinata grazie anche agli Angeli del Fango, che operarono nei vari settori, biblioteche, Gallerie, negozi, cantine, dovunque ci fosse bisogno senza chieder niente, come hanno fatto durante la prima ondata di Covid e stanno facendo gli operatori della Sanità, ai quali va tutta la riconoscenza della cittadinanza.

2.Nel Mugello in passato la Sieve ha sempre causato danni erodendo  le sponde dei campi e di conseguenza il terreno adiacente adatto alla coltivazione di grano e formentone ed anche a filari di viti maritate ad oppio sul confine dei campi lunghi trenta metri a misura di bestie da lavoro, separati dalle prode e dalle viottole. Il reticolo dei fossi nei campi era molto più ampio fino agli anni 60 del secolo scorso, quando l’abbandono del sistema mezzadrile di conduzione dei terreni  e la diffusione di quella a conto diretto da parte delle fattorie, con meccanizzazione dei lavori agricoli, portò alla formazione dei campi lunghi dalla strada fino alla Sieve come in località Sagginale, alla eliminazione dei filari di viti maritate ad oppio, di cui resta qualche testimonianza in mezzo ai campi, vicino alla casa colonica,ed anche  alla distruzione dei bastioni e di quelle opere di manutenzione  che le fattorie con i propri coloni eseguivano in proprio fino alla costituzione  dei Consorzi di Bonifica Montana negli anni ’30 (T.U. Bonifica integrale n.215 1933) e poi  negli anni’50, Legge sulla montagna n.991 del 1952). Dal Saldo relativo al periodo 1 gennaio 1810-30 giugno 1811 della Fattoria di Lutiano, in località Olmi, di Borgo San Lorenzo, di proprietà del Marchese Giuseppe Maganzi,  i cui terreni confinano con la Sieve, si può vedere da un riscontro delle spese fatte per i ripari dei fiumi Sieve e torrenti Bagnone e Bosso,  come la fattoria provvedesse con i propri lavoratori a riparare i danni fatti dal fiume. “Dal Conto Dare della Fattoria  di Lutiano del 30 giugno 1811 il colono Giuseppe Maggi deve ricevere  Lire 21, soldi 2,danari 10 per opere (giornate lavorative) 83 e ½  pari a 2,7 mesi, per fare un bastione lungo la Sieve per ripari al podere per un importo di Lire 11.6.10; opere 11 a levar ghiaia dal suo podere  per costruire il bastione per un importo di L 1,4.; opere in società,(in compartecipazione) per fare un pezzo di bastione al T. Bagnone, Lire 0,6;  opere 9 al torrente Bosso: Lire 1.2; opere 2 con i manzi per portar sassi per i gabbioni, L.2.10; opere 26 fatte al bastione del Sig. Tozzetti per ripari ala Sieve: L. 3.6; n.2 viaggi dalle Mozzete( Fattoria dei Marchesi Corsini a S.Piero a Sieve) a portar legname per la Sieve, Soldi 6; Carrate 1 di Porrine (matricine di castagno)dal podere Ricavo alla Sieve (per fare palizzate con pali grossi infissi nel terreno con battipalo e riempiti di dietro con sassi e ghiaia. Per lavori di Sistemazione idraulica  della Sieve furono pagati a Luigi Poggiali soldi 5 per la vendita di n.300 piantoni di ontano, che venivano piantati sulle rive  dei torrenti affluenti della Sieve dove ancora si possono vedere, es. lungo il torrente Faltona o della Sieve stessa ,per trattenere il terreno ed evitare l’erosione e le frane che riducevano il terreno coltivabile. Il 9 aprile ,4  soldi per n.10 porrine di quercia segate per ripari  alla Sieve. L’11 aprile al Pievano di Fagna furono pagate lire 2,soldi 1 e danari 5 per la lite per il toro fatto attraverso la Sieve. Infine Il 30 giugno 1811 furono pagati a Giovanni Malesci  per segati di porrine  per i ripari dei Fiumi lire 7 e soldi 4 e sempre lo stesso giorno a Spese Conti (Spese Correnti?) si legge che  furono pagate lire 7 e soldi 2  per 2 anelli di ferro  venuti di Pistoia (probabilmente dalle ferriere di Mammiano a San Marcello Pistoiese ,dove il ferro grezzo arrivava dalla Magona del ferro di Follonica ed era lavorato sotto il maglio mosso dall’acqua e forgiato col carbone di faggio della Foresta del Teso, per ottenere pezzi di acciaio temprato al carbonio ) per battere le porrine nei fiumi. I lavori ai Ripari dei Fiumi costarono in totale  L.128, soldi 3  e denari 10.                                                                                                                                              3. In questo periodo di novembre si celebra un’altra festa ,quella della raccolta delle olive, abbondante quest’anno, e della produzione dell’olio, anche se con rese scarse perla prolungata siccità estiva, importante momento di soddisfazione   per gli agricoltori, dopo un’annata, il 2019 di sofferenza dovuta all’altenanza di produzione delle piante.   La coltivazione dell’olivo, anche in conseguenza dei cambiamenti climatici, con aumento della temperatura dell’aria, è ora  possibile anche in zone come quella del  Mugello non del tutto vocate ad eccezione delle colline di Ronta ,di Ponzalla o di San Cresci, Tagliaferro, Vaglia dove il Principe Corsini coltivava la varietà gentile; o  Barberino del Mugello, mentre nella Val di Sieve gli olivi sono sempre stati coltivati nelle fattorie dei Marchesi Frescobaldi a Pomino, dei Gondi, dei da Quona, ad Acone dei Grati e degli Spalletti, del Barone del Campo a Contea, dei  Marchesi Dufour Berte a Londa per la inclinazione della valle verso Sud –Ovest rispetto a quella Nord Ovest-Sud Est del Mugello ,e la favorevole esposizione dei versanti .Per quanto riguarda il clima agli olivi sono dannose le temperature al di sotto di 10 gradi. Nel 1709 ci fu una gran gelata che seccò tutti gli olivi ed aumentò il prezzo dell’olio. Molti olivi furono tagliati al piede tra le due terre sotto il legno morto come si dovette fare dopo la gelata del 1985 ed emisero dei polloni che in breve tempo ricostituirono l’oliveto. Sempre dal Saldo della Fattoria di Lutiano ,alla voce Spese di coltivazione, si apprende per quanto riguarda l’olivo, che il 3 aprile 1810 furono pagate 5 Lire a Luigi Pananti(di Ronta)  per vendita di n.21 piantoni di olivo (olivi innestati) posti nei poderi di Capitigliano e Cignano. Sempre Il 3 aprile furono pagate a Giuseppe Tondi, 25 Lire per  116 ovoli, posti a Ponzalla,50 piantoni di olivo e 29 cepperelli o  ovoli, per le piantonaie (Giovanni Targioni Tozzetti ,Alimurgia Fi,1767 racconta della gelata del 1765 che fece seccare tutti gli olivi della fattoria di Sommaia, sotto Monte Morello e  i  cepperelli vennero anche dalla Grecia). Intanto da alcuni anni sono state effettuati diversi impianti di nuovi oliveti e sono sorti nuovi frantoi e  vecchi sono stati  ammodernati e nuove piantagioni di olivo sono state effettuate su ex coltivi o rimesse in produzione alcune  soffocate dai rovi per l’abbandono dei proprietari per la mancanza di manodopera per la coltivazione e la raccolta, anche se viene eseguita dagli agevolatori meccanici  A questo proposito, sarebbe opportuno che  venissero istituiti dei Corsi di Formazione Professionale per la potatura, svolti nelle aziende dotate di olivi ,e non nelle sole aule scolastiche, e che venisse riconosciuta come un tempo la qualifica professionale di potino dopo la pratica svolta sotto la guida di un operaio agricolo specializzato in olivicoltura che sappia potare capendo le esigenze della pianta, lasciando un giusto equilibrio tra rami a legno e a frutto ed operando delle adeguate concimazioni, come il Sig. Bartolini di Ronta che insegnando agli allievi dell’Indirizzo Agricolo-Forestale di Borgo San Lorenzo fece vincere loro  il 6° premio nazionale di potatura a Montespertoli in un confronto con potini  di diverse regioni d’Italia. L’olivo è  parte integrante  del paesaggio toscano, insieme ai cipressi e alle viti e durante  la raccolta e la frangitura delle olive, sorgono anche relazioni sociali fra le persone che fanno parte di una economia legata alla tradizione ma anche di uno sviluppo sostenibile.  Prof. Luciano Cavasicci 

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