
Storia di danzatrici al tempo del Covid | Dicomano
A seguito dell’ultimo Dpcm del 25 ottobre che ha stabilito la chiusura di palestre, piscine e altri luoghi per lo sport, la cultura e il tempo libero, abbiamo voluto parlare con qualcuno colpito da tale decisione. Siamo andati a Dicomano a conoscere la Scuola di Danza Motus gestita con amore e passione da due giovanissime donne: Maddalena Maiorelli e Chiara Carasso. Con loro abbiamo parlato dei nuovi provvedimenti, di questa chiusura che mette in crisi chi lavora e non solo, che porta sconforto e un certo grado di rabbia, e di come – nonostante tutto – si possa provare a vedere una luce in fondo al tunnel.
Innanzitutto, che tipo di attività è Motus?
Motus nasce come Scuola di danza all’interno dell’Asd Polisportiva di Dicomano, realtà grande ed eterogenea che comprende più tipologie di attività sportive; il nome Motus – tradotto dal latino “movimento” – è stato scelto per indicare la versatilità delle attività che proponiamo. Il movimento è quindi inteso a 360°: corporeo, espressivo e artistico in quanto la danza, pur essendo classificata tecnicamente come sport, si annovera fin dall’antichità tra le arti.
Come avete affrontato il lockdown e quando siete riusciti a ripartire con le vostre attività?
Il primo lockdown è stato un fulmine a ciel sereno, la famosa doccia fredda che nessuno mai avrebbe immaginato. Gli orologi si fermano, il tempo inizia a rallentare… e la nostra Scuola subisce come tutti una brusca battuta d’arresto. La paura e l’incertezza facevano da padroni, ma un forte spirito di unione ci ha portato a cooperare e a farci forza l’un l’altro nella speranza di superare quel periodo il prima possibile. Le attività sportive potevano riprendere a maggio, ma la nostra Polisportiva ha deciso di riattivare i corsi da settembre per adeguarsi alle norme di sicurezza e igienico-sanitarie.
Come avete reagito al nuovo DPCM e quindi alla consapevolezza di dover chiudere?
Quest’ultimo Dpcm è stato decisamente più amaro del primo, soprattutto dopo una ripresa così tanto attesa ed entusiasmante; nonostante le norme di distanziamento da rispettare e il dover ripartire con un modo nuovo e inusuale di fare danza, ciò che contava era il poter stare finalmente tutti insieme, vedersi… dal vivo! “Maestra non importa se ognuna dovrà ballare nel proprio castello, conta il fatto che possiamo rivederci!”, così ci ha detto una nostra allieva, che forse ha colto ciò che a noi insegnanti, spesso tanto indaffarate e preoccupate a curare la forma, era sfuggito.

Credete sia stata una decisione giusta ed efficace? Quanto può essere a rischio contagio, secondo voi, una scuola di danza come Motus?
Durante una pandemia mondiale è terribilmente difficile giudicare le scelte di un governo che tenta di far conciliare salute ed economia; ciò che però ci ha lasciato con l’amaro in bocca è il non essere stati classificati in nessuna categoria. Rientriamo negli sport dilettantistici di base, ma forse non facciamo girare abbastanza l’economia per essere citati come si deve… Sin dai primi giorni di riapertura, la nostra Scuola si è adeguata alle regole previste investendo tempo e denaro: termoscanner, entrata e uscita differenziate, scaglionamento di orario delle lezioni, pulizia accurata ad ogni cambio d’ora, distanziamento in sala in base alla metratura della stanza… Insomma, eravamo talmente certi del nostro operato che questo nuovo Dpcm ci è parso ingiusto e un po’ troppo affrettato; avrebbero dovuto chiudere o sanzionare chi ancora non si era allineato alle regole e non estendere alla cieca il provvedimento!
Oltre alla vostra attività e a voi lavoratori, ad essere colpiti sono anche i vostri allievi. Quali sono state le reazioni a questa nuova chiusura?
Gli indennizzi e i risarcimenti prontamente promessi a seguito del nuovo Dpcm sono stati per noi una magra consolazione se pur importanti; il lavoro in presenza con bambini e ragazzi non potrà mai essere risarcibile in alcun modo… Sono loro inevitabilmente le principali “vittime” del provvedimento, loro che per primi si sono adattati alle nuove regole e che, in certi casi, hanno insegnato a noi grandi ad accettarle. Le reazioni non sono tardate ad arrivare: rabbia e smarrimento i principali sentimenti che abbiamo raccolto. La rabbia di dover interrompere un percorso importante, formativo per alcuni, occasione di incontro e socialità per altri; la danza forgia il fisico con l’allenamento ma contribuisce anche a tessere relazioni sociali e affettive. E adesso lo smarrimento si affaccia alla porta… cosa ne sarà del nostro futuro?! Potremmo mai tornare ad esibirci in un teatro?!
Avete in mente attività da proporre online?
Nonostante l’impossibilità di svolgere le lezioni in presenza, abbiamo fin dal primo lockdown pensato a dei metodi alternativi per poter mantenere un contatto con gli allievi. Questa volta abbiamo pensato a qualcosa che potesse coinvolgere tutti: un progetto di un foto-libro, ricordo di questi mesi sfortunati e spunto di protesta per ciò che sta accadendo all’arte. La danza – come del resto il teatro, la musica, la poesia – è da sempre vista come attività di nicchia, fruibile da un pubblico ristretto e selezionato; ebbene, forse questa pandemia potrà essere l’occasione per premere il tasto reset ed azzerare tutti i preconcetti che girano attorno al mondo dell’arte in genere. Tramite le nostre azioni d’ora in poi ci proponiamo di far conoscere e avvicinare tutti a questo mondo meraviglioso. Godersi la lettura di un buon libro, ascoltare una bella musica, assaporarsi uno spettacolo a teatro, conoscere il repertorio della danza classica, visitare una mostra… non saranno forse attività “vitali”, ma sono essenziali per il nostro benessere fisico e psicologo, ed essenziali per chi queste attività le ha scelte come lavoro e professione!